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Andrea Faustini, l’italiano che sbanca a X Factor in Gran Bretagna

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Per ogni straniero che arriva nel nostro paese ci sono due italiani che scappano all’estero – dice la fondazione Migrantes. La proporzione regge anche in tv.
Per una Elhaida Dani, giovane albanese vincitrice della prima edizione di The Voice of Italy ci sono Luca Manfè e Andrea Faustini, due italiani che si sono fatti notare in talent stranieri. Il primo ha vinto la quarta edizione di Masterchef Usa. Il secondo, invece, è appena arrivato ai live dell’undicesima edizione di X Factor UK, il trampolino di lancio degli One Direction che non sente l’usura del tempo.
Dire che Faustini è piaciuto è riduttivo: fosse per i bookmakers sarebbe già vincitore dell’X Factor britannico.
La prima puntata della nuova edizione è stata vista da 8 milioni di persone, quel 40% di share che in Italia si tocca solo durante la settimana di Sanremo. Il debutto di Andrea Faustini, lo scorso sabato, è stato visto 380 mila volte su Youtube in meno di 48 ore.
Ma per il cantante italiano X Factor UK non è la prima volta in tv: aveva partecipato alla prima edizione di Ti lascio una canzone, il talent per bambini condotto da Antonella Clerici, nel 2008.
Trovate le sue performance Rai in rete, dove sono ricomparse grazie al successo che Andrea Faustini sta ottenendo nello show britannico. L’esibizione dei Bootcamp, in meno di due settimane, ha superato il milione di visualizzazioni su Youtube.
L’edizione italiane e quella britannica hanno più incroci di quanto credereste: Lorenzo Fragola – che giovedì scorso ha fatto registrare a Sky gli stessi ascolti di Michele Santoro e del suo Servizio Pubblico, in chiaro, su La7 – sembra aver studiato la lezione di James Arthur, vincitore nel 2012 di X Factor UK. Un indizio? In un video sul suo account Youtube, Fragola canta Impossible, la canzone che ha permesso ad Arthur di avere la meglio sullo sfidante Jahméne Douglas nella finale dell’edizione di due anni fa.
Arthur e Douglas avevano ingaggiato una sfida memorabile: due concorrenti della stessa squadra in finale. Una situazione rarissima, che proprio in quei giorni stava succedendo anche in Italia, grazie al tocco di Morgan – che aveva portato in finale due over 25: Chiara Galiazzo e Ics.
Il guizzo del frontman dei Bluvertigo – uno che è arrivato a trasformare The final countdown degli Europe in un tango – è un tocco che è molto apprezzato anche dagli spettatori britannici. Basta vedere questa undicesima edizione di X Factor UK: ben quattro dei 12 concorrenti del talent hanno portato sul palco del primo live un mash-up degno del miglior Morgan.
A ben vedere, c’è un perché: miscelazione musicale è un mezzo necessario per raccontare il melting pot presente in moltissimi paesi, Italia inclusa. Simon Cowell, inventore del talent musicale, sa che uno show per essere contemporaneo (quindi vendibile) deve parlare delle mutazioni della società.
È per questo che lo scorso sabato, a X Factor UK, ha fatto cantare al suo Stevi Ritchie una canzone come Livin La Vida Loca di Ricky Martin. Gli serve la cultura latina senza la quale non avrebbe potuto adattare, tra il 2011 e il 2013, il talent show per gli Stati Uniti.
Fuori dall’Italia oggi non c’è un’alternativa, una terra promessa, per i nostri artisti.
I talent, in particolare quelli canori, hanno abbattuto il confine geografico e garantito agli aspiranti cantanti di creare e riconoscersi in una cultura globale.

Le serie tv che non avremmo avuto senza “Twin Peaks”

Questo articolo è stato scritto per Rolling Stone.

Al pubblico – sostiene Michael Lombardo (presidente di HBO, la pay tv di Sex and the City, prima, e Game of Thrones, dopo) – non bisogna proporre qualcosa che già conosce. Lo spettatore va stupito con uno show che stimoli una nuova necessità.
Lo dimostra ABC, canale americano controllato dalla Walt Disney Company, che deve parte del suo successo all’aver scelto donne che hanno segnato un prima e un dopo. Prima di Ugly Betty non si poteva investire in protagoniste poco piacenti. Dopo Desperate Housewives la cattiveria è diventata mainstream.
Meredith, Betty e le signore per bene di Wisteria Lane sono figlie di Laura Palmer la liceale di Twin Peaks, serie simbolo su cui ABC ha scelto di scommettere nel 1990 (e che tornerà nel 2016, ve ne abbiamo parlato ieri). Il primo progetto tv di David Lynch (che, come dicevamo, presto avrà un seguito grazie a Showtime, la pay tv che produce Homeland, la storia di un americano attratto dal terrorismo islamico) ha segnato un prima e un dopo.
Prima di Twin Peaks la famiglia americana era prodotto perfetto tanto quanto il robot Super Vicki. Dopo Twin Peaks il singolo statunitense ha dovuto guardarsi lo specchio e fare i conti con la provincia, la mediocrità, la paura, il mostro e il vuoto.
La provincia è il perno della produzione di Alan Ball, lo sceneggiatore di American Beauty, che ha fatto proprie le montagne di Lynch in un paio di serie tv: Six Feet Under e True Blood. Dopo aver denudato l’animo umano davanti la morte, core business dell’impresa di pompe funebri Fisher, Ball regala dinamismo all’eterno riposo e racconta le vite dei vampiri fuori dalle città.
Twin Peaks trasforma la mediocrità in menomazione. Stare negli standard non serve per avere successo.
Senza l’assoluto Ryan Murphy non sarebbe un punto fermo della cultura pop contemporanea. Lo sceneggiatore supera ogni limite con il bisturi, in Nip/Tuck, i sogni adolescenziali, in Glee, e gli scherzi genetici, in American Horror Story.
Il tema sonoro, senza parole, della serie di Lynch commuta la paura che si palesa meglio se attinge a un panorama privo di urla.
Sul ricordo conciliante si basa Penny Dreadful, serie Showtime (non a caso) che si propone di far interagire gli incubi ricorrenti del telespettatore medio.
Senza il proprio mostro Laura Palmer non sarebbe diventata il simbolo di un tv che ha fatto storia.
Senza sangue Dexter non avrebbe potuto sedurre la persona che vede nel proprio vicino un potenziale serial killer, capace di uccidere chiunque, anche una ragazza innocente.
E poi c’è il vuoto che solo in Italia, ogni anno, incombe su mille soggetti, svaniti dalla sera alla mattina. Twin Peaks prima e The Leftovers (la serie basata sulla cancellazione del 2% della popolazione mondiale) dopo dimostrano che ci sono domande in grado di superare la stagione tv e le singole generazioni.
Chi ha visto il cuore che ho perso con la scomparsa della mia persona speciale? Senza David Lynch non avremmo potuto confrontarci con questo presente sospeso.